mercoledì 16 luglio 2008

REISER chez BUZZELLI




È difficile negare che gli angeli esistano, ma è ormai chiaro che non hanno le ali e i capelli biondi ma più spesso i denti marci come Piero Ciampi. Un angelo transitato per un po’ (1941-1983) sul nostro pezzo di roccia planetaria è stato Jean-Marc Reiser. Il suo super-potere era quello di far ridere con la pancia che per un istante faceva coincidere -con pochi tratti sbavanti- con quell’altro corpo cavernoso chiamato cervello. Come Totò, Giancarlo Fusco, un certo Pazienza, Antonio Rezza e quei pochi altri che avrete la generosità di segnalarmi.
Il francese Reiser incontrò nelle affollate e deliranti redazioni parigine delle riviste di satira francese l’italiano Guido Buzzelli che negli anni’80 si pagava il pastis svendendo mirabolanti illustrazioni alla “stupida e cattiva” Hara-Kiri.
I due si piacquero molto e, qualche mese dopo la morte per tumore osseo di Jean-Marc, Buzzelli gli dedicò questa etonnante splash-page che raffigura l’apoteosi dell’amico nel “paradiso laico degli artisti pittori” con nel fuoco centrale una delle sue creature infernali che stringe la mano a un generale di Grosz (perdonate le maldestre giunture a photoshop). La tavola è in un catalogo di una mostra romana del 2002 di difficile reperimento e in rete (ho linkato il Buzz-sito) , ma in una definizione bassissima.
Perciò spalancate gli occhi di fronte a questa lussurregiante dimostrazione di amicizia, arte e dolore.

P.S.Il reperto è stato da me rinvenuto tra le pagine di una raccolta rilegata di Hara-Kiri (annate ’78-88) comprata in una delle tante librerie dell’usato di cui sotto (se il vecchio proprietario ne è stato derubato sappia che non gliele restituirò). Miracoli che capitano a Milano, miracoli di serie B rispetto a quelli che capitano a Parigi.






venerdì 11 luglio 2008

Qui comincia l'avventura

dal sito di MicroMega
Ah la piazza…


Quanto è ipocrita un paese
dove tutte sono chiese,
intoccabili, divine,
per statuto adamantine.

Un paese dominato
da un signore ch’è imputato
da vent’anni per lo meno
e governa in modo osceno,

con un fine solamente .
dimostrare che è innocente,
non in base alle sentenze,
ma sol grazie alle indecenze

di cavilli, prescrizioni,
trappole, ricusazioni,
lodi, leggi su misura,
botte a una magistratura

che al potere non si prostri.
Un paese dove i nostri,
ahimé, non arrivan mai:
un ploton di parolai

sempre pronti ad inciuciare,
uno va, giunge il compare,
via D’Alema, ecco Veltroni.
Non sai se son creduloni,

con un come il Cavaliere!,
od inetti nel mestiere.
Un paese che ha abdicato
in favor di un altro Stato

a difendere i diritti,
arrendendosi agli editti
di un signor biancovestito
che, ammonendoci col dito,

dice: “Questo si può fare,
quello no, non ci provare.”
Un paese eternamente
pronto a aver per presidente

un anzian che, pur se arzillo,
tende a vivere tranquillo,
a metà fra equilibrista
ed un po’ cerchiobottista.

Ora, in queste condizioni,
è normal che Berlusconi
non sia l’unico obiettivo.
Se Veltroni è remissivo,

se il Pontefice romano
esce fuor dal Vaticano
ed in nom della sharia
i diritti spazza via

e se il capo dello Stato
tende a fare il pensionato,
chi per dignità va in piazza
sì, col Cavalier s’incazza,

ma anche agli altri non perdona:
la ministra troppo ‘bbona
per non sollevar sospetto,
anche visto che il ducetto,

pur se settantenne ed over,
è apprezzato latin lover.
Non perdona il presidente
che festeggia incautamente

con Mastella e Bassolino,
tandem molto birichino
nel milieu partenopeo
e diventa, ahimé, Morfeo

per quell’aria distaccata
con cui firma la porcata
che del Cavalier farà
il signor Immunità.

Non perdona Benedetto
che ci guarda dentro il letto
con gli occhietti inquisitori,
si interessa ai nostri amori,

se la prende con i gay,
per i preti vuol gli sghei
e perfin non è contento
se moriam senza tormento.

Non perdona Walterloo,
perdonarlo non si può!
In sei mesi dal debutto
ha sbagliato proprio tutto:

fu sconfitto alle elezioni,
inciuciò con Berlusconi,
perse Roma capitale
e ha officiato il funerale

di quei quattro disgraziati
dalle Camere cacciati.
Se con questi governanti
ci incazziam con la Guzzanti

o con Grillo o con Travaglio,
commettiamo un grave sbaglio:
il termometro buttiamo
ed il mal non lo curiamo.

giovedì 10 luglio 2008

TUTTIGIùPERTERRA



Bruscamente sollecitato dagli interessati propongo all'attenzione dei curiosi questo sito (e questo blog) di due cari amici bravi con le matite e con i colori (anzi, pittori....diplomati) che hanno riacquistato la fede scoprendo come essa abbinata all'arte possa diventare faticosa e spicciolosa pagnotta. Se è vero che sta per abbattersi sulle nostre teste uno Tzunami di crisi economica mai vista prima sappiate, amici visitatori -che l'arte delle immagini in maggioranza la praticate-, che potreste un giorno unire il pranzo con la cena scendendo accanto ai marciapiedi e offrendo quello che sapete fare direttamente ai passanti. Anche se qualcuno preferirebbe case cooperative o quartieri espressamente dedicati...

martedì 17 giugno 2008

Vita d'Artista (quandot'hovista)


Amo questa tavola. E' autobiografica suo malgrado. Forse universalmente. Mi ricorda di Interail estenuanti, di capitali europee viste coi piedi gonfi e la stessa maglietta da giorni, di Picasso visti dopo un panino alla mortadella sulle scale, con la sensazione di essere degli intrusi pezzenti, a zonzo per strade illuminate di vetrine in "ore in cui cantavano le docce ormai una canzone d'acqua in cui non c'ero io". Le gallerie cool e le librerie di fumetti erano la stessa cosa. Non mi sbagliavo. Era più o meno Vent'anni fa . Dietro o oltre il vetro la luce scalda e illumina. YOU COULD DO BETTER THAN
THAT!

domenica 1 giugno 2008

FELIX IL NERO


ZIO FEININGER, FRATELLO VALLOTTON.
Una delle cose belle di Milano (tra quelle che si cercano a tutti i costi e ci si ripete a voce alta per darsi un motivo per non scappare) c’è che sta alla carta stampata rottamata come i rifiuti nocivi di mezz’Italia stanno alla martoriata Campania. È in una di queste allegre discariche librarie che mi è capitato di trovare un maneggevole catalogo che bramavo da anni: l’opera grafica –incompleta- delle incisioni di Felix Vallotton . Aprendo questo piccolo cofanetto delle meraviglie oltre che ammutolire per la maestria di questo eccelso disegnatore-incisore (secondo solo a se stesso come pittore), per la sua attenzione da cronista verso il particolare quotidiano, per la sua capacità di dire tutto -e anche di più- nel linguaggio binario del pieno e del vuoto, non si può che notare l’assonanza con molti dei talenti della nuova onda del fumetto italiano che, consapevolmente o meno (per le infinite e invisibili vie arteriose che collegano l’arte alta a quella altissima), hanno nell’artista di Losanna un compagno vivente di strada e scorribande grafiche che se ne frega di queste inezie che chiamiamo secoli. Penso a certe chine della MP5, del Tota o del Fior ma, soprattutto, all’opera del mai abbastanza lodato Giacomo Nanni le cui Cronachette, per la nipponica e retrò precisione zen, sono uno dei quei volumi che resteranno negli annali del fumetto e che fanno venire voglia di inchinarsi davanti a 300 grammi di carta rilegata. Dato l’irrisorio costo del volumetto e la sua disponibilità in tre-copie-tre ne ho fatto incetta ripromettendomi di farne dono a PLF e a MP5 quando passerà da Milano. Qui sotto alcune perle nere scansionate con le mie manine anche se la rete già ne trabocca (anche ma non solo), qui, qui e qui.




sabato 23 febbraio 2008

Angese


Oggi alla Libera Università di Alcatraz chi gli ha voluto bene ricorda Angese, al secolo Sergio Angeletti. Angese è stato uno dei protagonisti di un'epoca libera e straordinaria della Satira e del giornalismo grafico italiano (cioè dell'arte fuori dai musei fisici e mentali) restando una persona libera e straordinaria malgrado i ventennali, i trentennali e i quarantennali in cui periodicamente si fa il funerale ai furori giovanili di un tempo. Anch'io oggi piango, piango l'uomo e il paese ingrato dove la Satira devi andartela a cercare su internet ed è sparita dalle scuole, dagli autobus, dagli uffici e dai bar dove faceva meglio il suo dovere. Ciao Angese

mercoledì 20 febbraio 2008

GLI INTRUSI -2 (meglio tardi che mai)

Grafite al neon.
(Francesco Chiacchio, Miracolo a Polignano)

Tornando in nave dalla Grecia, terra di iceberg di roccia nera, le coste della Puglia sembrano un foglio di carta che galleggia sul mare. Quando il vacanziero scorge in lontananza lo zoccolo di scoglio di Polignano si ricorda che su quel foglio ci vivono degli umani che ci scrivono su, da secoli, le stesse frasi. In questa gita grafica per la provincia barese l’intruso fiorentino Chiacchio non si è fatto distrarre dall’azzurro troppo azzurro del mare e del cielo raccontandoci a matite morbide una Polignano dura e illuminata dai neon. Spazi marini e interni bui si alternano confondendosi e confondendo tempi e luoghi, caverne platoniche e jazzisti, filosofi greci e contrabbandieri. Che Francesco Chiacchio sia un maestro della narrazione e delle matite è ormai chiaro, anzi scuro.

Chapeau!
(Alessandro Tota, Fratelli)

Se il compito di un artista è quello di mettere e mettersi a nudo Alessandro Tota è destinato a rimpiazzare presto nel cuore dei francesi (popolo che attualmente lo ospita) il ricordo di Rosa Fumetto nella nobile arte dello spogliarello.
Con una padronanza musicale del ritmo, dei silenzi e delle pause che fa paura Tota ci porta in giro per una Bari sbiancata dalla luce e tra i casi suoi più intimi all’ombra di una tapparella abbassata. Tra interni ieratici di oggetti e umani silenziosi degni di Vermeer e sciatterie art brut Tota snoda una via crucis quotidiana alla fine della quale ci si sente più affranti della povera mamma di questi due mascalzoni ma con la consolazione di aver scoperto una stella internazionale della poesia a fumetti dei prossimi anni.

P.S. da una città nelle cui case si appendono i quadri di Piccinni e Franz Borghese non si può che scappare.

Patatine con sorpresa.
(Roberto La Forgia, Patatine)


Quelli di Roberto La Forgia sono bambini cosmici di quelli che trovereste a roteare nella loro placenta ai confini spazio-temporali dell’universo in un film di Kubrick. Ma a differenza loro questi enfants terribles di Capurso non resterebbero in attesa di ricongiungere l’anello del tempo ma darebbero un calcio nelle palle all’ignaro astronauta e fuggirebbero sghignazzando. Patatine è una giostra impazzita su cui si può salire da ogni vignetta ma è praticamente impossibile scendere. Si fugge, si pedala, ci si nasconde e alla fine si è stanchi ma felici. Se Roberto la Forgia fosse negli States a quest’ora i suoi characters sarebbero sulle felpe e i cappellini di tutti i teenagers americani e la Warner starebbe producendo il loro secondo lungometraggio. Per fortuna questo non accade perché altrimenti Roberto spenderebbe tutto in patatine o qualsiasi altra sostanza che colmi momentaneamente il pozzo senza fondo della sua fantasia.

Il tema del momento (ce n'est qu'un début?)
(Pasquale La Forgia, La Vita Vera)

Quando la mano morta del fumetto esce dal coma sgranchisce le falangi in giochi grafici di prestidigitazione ma tira anche cazzotti.
Con uno stile staminale che vagabonda tra il Pericoli dei ’70, Miguel Pavia, Glaser e l’osservazione dal vero Pasquale La Forgia esordisce sulla scena del fumetto italiano con un colpo di pistola. E’ un colpo che però non uccide ma, al contrario, prova a resuscitare un nobile “genere” narrativo sia letterario che cinematografico ma che negli anni ’70-‘80 trovò nel fumetto, per flessibilità, rapidità e popolarità dello strumento (marxianamente: per la povertà dei mezzi di produzione), il suo spazio ideale.
Per la verità si trattò di una tendenza soprattutto francese (Lauzier e Bretecher) e che in Italia rappresentarono brevemente (tra i pochi) il citato Pericoli con Pirella e il fiacco Staino.
Parlo della short -story di critica politica e di costume (come separarle?), critica sempre “a tesi” e bozzettistica ma proprio per questo capace di penetrazione storica e psicologica acuminata come il caso del bel debutto di Pasquale La Forgia che lascia ben sperare anche in una riscossa del genere.
Per tutti i personaggi principali de La Vita Vera (burattinai e burattini, biologi e criceti mediatici) la “realtà” può essere una merce come un’altra da simulare o un mito impalpabile da inseguire ma entrambi contribuiscono ad allargare il solco tra vita e la sua rappresentazione. Inevitabilmente, ineluttabilmente. Sullo sfondo il fossile preistorico dell’uomo di Altamura da milioni di anni guarda il tutto con il suo inevitabile sorriso scarnificato.

I fiorellini del male
(Amanda Vähämäki, La creatura )

Tra gli autori la finlandese Amanda Vähämäki - sicuramente l’intrusa più aliena in missione sul pianeta Puglia- stupisce per la capacità di penetrazione nel cuore opprimente di un’adolescenza in provincia. La porta d’ingresso che sceglie è quella di far affondare l’occhio negli arabeschi marcescenti del grembiule di una nonna e delle sue rughe, nel marmo maculato dei pavimenti, nel floreale assurdo di tovaglie di plastica che riflettono il caleidoscopio chiassoso di un manga alla tv. E’ un tinello di una psichedelia brulicante e paludosa dove si invischiano tre generazioni di donne e da cui la "creatura" -che, zaino in spalla, danza tra linee invisibili e muri veri- speriamo fuggirà. Pagine da cui si esce unti di una tristezza che non va via con una doccia.



Potrei scrivere ancora della superba eleganza degli interludi marini di Cattani, dei potenti ex-voto grafici di Fior, Nanni, Bruno, Corona (cosa aggiungere al miracolo di S.Rocco che, apparendo in un rave, salva con un coro d'angeli il dj che si è dimenticato i cd? ) ma fate prima a correre a comprare Gli Intrusi e assicurarvi così un posto in prima fila per assistere al futuro del fumetto. A tutto quello che può ancora essere, dire e fare questa arte che, per dirla con ElTofo, è di retroguardia e insieme d’avanguardia.
Per gustare l’opera di questi giovani maestri di questa giovane arte e poter dire “io c’ero”, anche se da Intruso.

sabato 27 ottobre 2007

La strata in fonto alla villa

(scombinata e frammentaria recensione prima di un treno per Bergamo)



E' in libreria gli INTRUSI (coconino press), erano vent'anni che lo aspettavo.


1980, in una casa sull'adriatico meridionale un ragazzino rovista sotto al comodino di suo cugino più grande. Cerca emozioni forti, riviste con curve e peli femminili, numeri dell'Espresso con strani ribelli con passamontagna e pistola, fumetti leggeri e colorati ma pieni di cazzi, fighe, e mostruose facce di politici. Quel comodino è la caverna di Alì Babà, un pozzo inesauribile di tutto ciò che è emozionante e proibito, proibitissimo e infatti i fogli ingialliti che le sue mani cercano più avidamente si chiamano, non a caso, IL MALE.
Aprendo una di queste riviste dalle piegature strane e scomode vede improvvisamente un disegno che gli salta addosso per la familiarità di ciò che descrive. E' di un autore che ha imparato a riconoscere ed amare, da subito familiare perchè il suo segno è simile a quello dei fumetti disney con cui gli hanno insegnato a leggere. Ma quei guanti gialli ora stringono pistole e siringhe, quei corpi gommosi vibrano sensualmente ed entrano in risonanza con qualcosa che ormai da mesi lo prende allo stomaco e che non sa spiegare. Forse vorrebbe infilarsi un passamontagna e sparare, forse leccare quelle curve che finiscono nella radura, finirà per prendere in mano la cosa che somiglia di più al suo piccolo cazzo e comincerà a disegnare.
Ma quel disegno che gli è saltato addosso è diverso dagli altri perchè non mostra Paperopoli nè Topolinia, nè il deserto dell'Arizona nè le strade di San Francisco. Di strada ne mostra una ed una di quelle che conosce bene, calda, deserta, con le sue case basse e brutte, i suoi alberelli ridicoli più simili a scope rovesciate, i suoi bar e i suoi tabacchi tristi e appesi come le loro insegne a bandiera.
La presenza di un carrarmato sovietico non toglie realismo alla scena. Se siete cresciuti in provincia, avrete sentito anche voi il pomeriggio un carrarmato silenzioso aggirarsi e premervi sullo stomaco.
La carta ingiallita sembra essersi animata e aver abbracciato in un cerchio il ragazzino, quello che è davanti ai suoi occhi è anche quello che c'è alle sue spalle e attorno a lui, lo specchio si è rotto, il fumetto è entrato nella sua vita.
Quel vecchio pazzo di Scòzzari da qualche parte ha sostenuto che Pazienza ha rivoluzionato il fumetto perchè (cito a -incerta-memoria) con lui sono entrati nelle tavole i vespini che impennano, gli zaini, i lavandini con i piatti a mollo.
Anch'io se pensando all'arte del fuorisede di San Severo mi incanto soprattutto davanti al fotogramma di un braccio in tensione che regge una busta della spesa, all'alito di vapore di due studenti che bigiano la scuola in un parco pubblico d'inverno (a quello che -solo per intenderci- chiamerò REALISMO) è forse perchè quel pomeriggio mi insegnò che qualsiasi mondo, anche il mio mondo, poteva essere mostrato e raccontato.
Il "realismo magico" di Pazienza, che lo assolve e riscatta definitivamente da ogni possibile stonatura da "posa" maledettistica, resta il nucleo e la lezione più forte della sua arte che ha seminato frutti meravigliosi che vanno ben oltre le imbarazzanti schiere di imitatori.
Pazienza definì il suo essere pugliese fatto da una meridionalità alla Mohammed Alì, orgogliosa e rissosa e forse senza volerlo ha reso possibile una generazione di Black Panthers del fumetto pugliese (che da qualche giorno in libreria ve le suonano di santa ragione) a cui ha soprattutto insegnato che anche "la villa in fonto alla strata" meritava di essere raccontata senza sentirsi obbligati a scappare o restare.
(1-continua...)

venerdì 28 settembre 2007

CHE* (piccola pubblicità)


E'in libreria per Rizzoli il romanzo grafico Che, sceneggiato da Héctor Osterheld e disegnato da Alberto ed Enrique Breccia (padre e figlio).
Pubblicato per la prima volta in Argentina nel 1968, Che è un’opera straordinaria dalla vicenda editoriale incredibile e straziante, una vera orazione civile di tre intellettuali di un paese che sarebbe sprofondato presto in una lunga notte della democrazia.
E dalla notte sembrano provenire le chine di Alberto Breccia che paiono impastate con la terra e la paglia della stessa selva boliviana che descrivono, quell’intrico di ombre che nasconderanno e intrappoleranno gli ultimi giorni del rivoluzionario argentino.

Sono tavole di una bellezza stordente, che sembrano incise nella carta e che trasudano della lezione dei muralisti messicani, dell’espressionismo tedesco ed anche delle “solarizzazioni” della coeva Pop Art nord-americana, il tutto reinventato dallo stile di uno dei più grandi maestri dell’immagine contemporanei, Alberto Breccia.
Un libro imperdibile.
(nella foto da sinistra: Mordillo, Alberto Breccia, Carlos Sampayo, accovacciato: Altan. A Lucca nel '75 appena sbarcati dal Granma)

venerdì 21 settembre 2007

L'ITALIA si è DESTA!


(Grillo Giuseppe, Pertini Sandro, Ricci Antonio 1983)
p.s. Avrei potuto cancellare un personaggio sulla destra come fecero con Trotsky o, qualcuno , con Ferdinando Adornato, ma il vecchio Antonio Ricci credo sia molto meglio di quello che può sembrare. Lo penso soprattutto dopo aver letto un suo piccolo libro , un concentrato di intelligenza di cui riporterò qualche riga appena riuscirò a farmelo restituire.

martedì 11 settembre 2007

THE LINE (chiedi chi erano i Beatles)

Un giovane e talentuoso amico mi chiede chi fosse Al-THE LINE- Hirschfeld.
(immortalato nella prima immagine da Bob Staake con un ritratto "alla garretto")
Resto incredulo (Rob non eri serio, vero?), Al Hirschfeld è stato uno dei più grandi disegnatori del '900.
Ma percossi e attoniti si resta soprattutto nello scorrere i suoi capolavori.
Tutti gli illustratori contemporanei gli devono qualcosa, anche senza sospettarlo, e la Disney l'ha consacrato nel 2000 dedicandogli il più bell' episodio del nuovo Fantasia.
Un illustratore italiano che -dalle pagine de La Repubblica negli'80- ha un po'occhieggiato al grandissimo è stato Ettore Viola.
Ma difronte a "King Al" ogni parola è di troppo e bisogna solo sgranare gli occhi.
Signori, THE LINE: